Rifiuto del bebè: che cosa è e come affrontarlo
Nonostante si verifichi raramente, capita talvolta che la neo-mamma subito dopo il parto, assalita da angosce e paura, rifiuti il proprio figlio. Ma perché ciò avviene? Vediamolo assieme.
La differenza tra il figlio immaginario e il figlio reale
Tutte noi durante i nove mesi abbiamo sognato e immaginato il nostro bambino. Ci facciamo un’idea e costruiamo fantasie su come sarà, spesso immaginandoci quasi la perfezione, facciamo progetti sul suo futuro e su come vorremo che fosse.
Alla nascita ci troviamo un esserino ben lontano da quello che avevamo visto nella nostra immaginazione, e anche la situazione idilliaca pensata del classico quadretto familiare può non corrispondere, soprattutto se abbiamo avuto un parto traumatico, un lungo travaglio, un parto prematuro o un parto cesareo d’urgenza, o troviamo difficoltà nell’allattamento, o ancora, se il piccolo ha qualche problema. Tutte queste cose influiscono inevitabilmente sul nostro umore, dando vita a sentimenti contrastanti anche negativi.
L’adattamento
Anche la mamma ha bisogno di adattarsi alla nuova situazione. Il cambiamento, aggiunto alla stanchezza e allo stress per le notti in bianco e le nuove abitudini (esempio sonno-veglia in base alle esigenze del piccolo), comporta una vera e propria rivoluzione.
Con l’appoggio e il sostegno, non solo morale ma pratico (aiuto nella cura del bebè, una mano per le questioni pratiche come spesa/pulizia, ecc.) sarà per la neo mamma più facile e veloce capire cosa sta succedendo, ed entrare pian piano nei panni di una mamma serena e non in colpa perchè rifiuta il proprio piccolo.
I sintomi
Il fenomeno interessa il 50% delle puerpere. I sintomi tipici si manifestano in genere dopo 2/4 giorni dal parto, e possono durare qualche settimana. Ecco quali sono:
- scarso interesse nella cura del neonato
- iper-sensibilità e iper-irritabilità
- sensi di colpa per non voler accudire il piccolo
- tristezza ingiustificata
- scarso desiderio di comunicare
- solitudine
- pianto improvviso e immotivato
È possibile prevenire il rifiuto del bebè?
Supportare la gestante durante i nove mesi, sostenendola e aiutandola nell’acquisizione del nuovo ruolo, aiuta sicuramente a prendere consapevolezza della nuova situazione e fa si che questa accetti la maternità, soprattutto se ha un vissuto particolare o ha un’età a rischio (sotto i 16 anni, sopra i 35 anni).
Sapere di “non essere sola”, di avere dei punti di riferimento e delle persone su cui contare, significa tanto, soprattutto per le donne insicure e timorose del nuovo ruolo.
Rifiuto fisiologico o baby-blues?
C’è da fare un’importante distinzione dal rifiuto del bebè al baby-blues (depressione post-partum). Mentre il rifiuto verso il bebè si estingue man mano che si prende consapevolezza dell’essere mamma, generalmente nel primo mese di vita del piccolo, si parla di depressione quando i sintomi durano più a lungo e sono persistenti.
Ecco quali sono i campanelli d’allarme che ci fanno capire che si tratta di depressione post-partum:
- stato negativo che si protrae dopo il primo mese dal parto
- poca autostima
- rifiuto totale del neonato
- pianto continuo
- pensieri negativi, neri
- timore di far del male a se stessa o al neonato
- insonnia
- irritabilità permanente
- solitudine
- rifiuto di comunicare e parlare di cosa si sente
In questi casi è bene parlare subito con uno specialista per trovare un valido supporto, e vivere serenamente la maternità e la gioia dell’essere mamme. Inoltre è da considerare che non solo le neo mamme possono vivere un periodo di depressione post partum, ma anche i papà: ce ne parla la nostra psicologa Flavia.
(fonte immagine pixabay.com)