Maternità e permessi: i diritti di una mamma

I diritti e le tutele per una mamma una volta rientrata al lavoro sono molteplici e stabiliti dalla legge. Il fine è tutelare la mamma-lavoratrice permettendole di seguire la crescita del figlio e allo stesso tempo di non dover rinunciare al lavoro.

Tutele e diritti che, come vedremo in questo articolo, coinvolgono anche la figura del padre.

La maternità è un aspetto importante da regolare rispetto al rapporto di lavoro, anche se come ci elenca nel dettaglio cercalavoro.it i diritti delle donne nel campo del lavoro non si limitano a quelli legati alla gravidanza e ai bambini, ma ci sono molte normative importanti volte a garantire le pari opportunità di genere.

Quali sono i diritti di una mamma

I diritti delle mamme lavoratrici sono riportati nel Dlgs 151/2001: “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”.

Vi sono, inoltre, numerosi e successivi decreti volti a completare il Testo Unico e ad assicurare un corretto work-balance: l’equilibrio tra la vita privata e la vita lavorativa.

La prima forma di tutela corrisposta ai genitori riguarda il Bonus bebè un sussidio mensile erogato alla famiglia e a cadenza mensile valido fin quando il nascituro non compie il primo anno di vita.

La nascita del primo figlio prevede un bonus bebè pari a 1.920 EUR l’anno quando l’ISEE non supera i 7.000 EUR, mentre per i figli successivi al primo l’importo sale a 2.304 EUR.

L’importo scende rispettivamente a 1.440 EUR e 1.728 EUR se il reddito dichiarato supera i 7.000 EUR ma è inferiore a 40.000 EUR.

Per ISEE superiori a 40.000 EUR l’importo cala ulteriormente ed è pari a 960 EUR annui per il primo figlio e 1.152 EUR per i successivi.

Altre tutele e indennizzi sono previsti per le mamma e i papà lavoratori a seconda che questi siano dipendenti o lavoratori autonomi.

Mamme lavoratrici dipendenti

Una lavoratrice subordinata, come stabilito dalla legge, beneficia dei seguenti diritti e tutele:

  1. Sicurezza e salute

È preciso compito del datore di lavoro considerare lo stato di gravidanza della donna lavoratrice, permettendole di svolgere le proprie mansioni ma senza mettere a rischio la salute propria e del futuro nascituro.

La norma è pensata nel caso in cui il lavoro svolto richieda uno impegno di tipo fisico, ad esempio: sollevamento carichi, molte ore da passare in piedi.

  • Congedo di maternità

La lavoratrice di tipo dipendente beneficia di un periodo obbligatorio di astensione dal lavoro. Il periodo ha una durata di cinque mesi, generalmente così distribuiti: due mesi prima della data presunta del parto, tre mesi dopo il parto.

In caso di parere medico favorevole, il congedo di maternità può essere anche usufruito a partire da un mese prima della nascita del bambino e per i quattro mesi successivi all’evento.

  • Indennità

Durante il periodo del congedo di maternità è previsto un indennizzo pari all’80% dello stipendio percepito.

  • Congedo parentale

Diversamente dal congedo di maternità, il congedo parentale è un periodo di tempo in cui entrambi i genitori possono, in maniera facoltativa, non recarsi al lavoro.

Il congedo parentale ha una durata massima di 10 mesi e può essere richiesto entro i primi 12 anni dalla nascita del bambino.

Oltre ai 4 punti sopra riportati, la mamma lavoratrice e dipendente ha diritto ad un periodo di riposo in caso di allattamento o nel caso in cui il bambino abbia gravi handicap.

Allo stesso modo, è previsto un periodo di astensione dal lavoro per entrambi i genitori quando il bambino, entro i tre anni, fronteggia una malattia.

Il congedo è, in questo caso, esercitabile per tutto il periodo di malattia. Mentre, se il bambino ha un’età compresa tra 3 e 8 anni, il congedo può essere richiesto per un massimo di cinque giorni l’anno. 

Mamme lavoratrici autonome

I diritti e le tutele in caso di maternità riguardano anche le lavoratrici autonome.

La lavoratrice ha diritto al congedo di maternità quando iscritta alla gestione separata INPS.

In questo caso, la norma di riferimento è l’art 66 del Testo Unico, il quale specifica quali categorie di lavoratrici possono richiedere il congedo, ad esempio: artigiane, imprenditrici agricole, commercianti. L’art. 70 del Testo Unico è, invece, rivolto alle professioniste con una cassa previdenziale specifica per categoria.

Il congedo di maternità per le lavoratrici autonome è, al pari di quanto avviene per le lavoratrici dipendenti, riconosciuto per un totale di cinque mesi.

Vi sono tuttavia delle differenze:

  • La lavoratrice autonoma può anche decidere di non astenersi dall’attività lavorativa.
  • Non è previsto il congedo di paternità, salvo casi eccezionali. (morte della madre, abbandono del figlio..).

Papà lavoratori

Vediamo infine cosa prevede la legge per i neopapà. Come già accennato il lavoratore sia dipendente che autonomo ha diritto al congedo di cinque mesi solo nel caso in cui si verifichino eventi eccezionali:

  • Decesso della mamma,
  • Abbandono del figlio,
  • Affidamento al padre.

Quando non si verificano i suddetti casi, Il padre lavoratore ha diritto esclusivamente ad un congedo di paternità della durata di cinque giorni che può richiedere, anche in maniera non continuata, entro cinque mesi dalla nascita del bambino.

Facoltativamente può essere richiesto, nel periodo di tempo sopra indicato, un giorno aggiuntivo di permesso.

Il papà lavoratore, dunque, può fare riferimento al congedo parentale, un periodo, come abbiamo visto, che può essere richiesto facoltativamente e non può superare i 6 mesi.

Per quanto riguarda l’indennità, questa viene corrisposta al 100% per i primi 30 giorni di astensione facoltativa a condizione che in figlio non abbia più di 12 anni.

Nel restante periodo, l’indennità è pari al 30% dello stipendio percepito a condizione che il bambino non abbia più di sei anni.

Quando, invece, il bambino ha un’età compresa tra 6 e 8 anni, l’indennità del 30% è prevista solo nel caso in cui il richiedente abbia un reddito annuo, che, per semplicità, non deve superare i 16.000 – 16.500 EUR.

Infine, quando il bambino ha un’età compresa tra 8 e 12 anni, il congedo parentale facoltativo può essere sì richiesto ma non prevede alcuna retribuzione.

In conclusione, nonostante le tutele e gli indennizzi previsti, i genitori annoverano ancora gravi mancanze e diritti riconosciuti, ad esempio: maggiori possibilità di lavoro flessibile, sussidi per la crescita e l’istruzione del bambino.