Tornare al lavoro dopo il parto. Cosa chiedono le neo mamme al mondo del lavoro?

Il momento del parto genera cambiamenti importanti nella vita di una donna, sia a livello personale: fisico e mentale, sia a livello sociale: rapporto di coppia, vita familiare, relazioni, lavoro. I dati contenuti nell’ultimo report ISTAT: “Conciliazione tra lavoro e famiglia. Anno 2018” tracciano un panorama italiano variegato accomunato però dall’evidente contrazione dei tempi del lavoro femminile in concomitanza della gravidanza e, dopo il parto, per potersi occupare della cura dei figli. Questo fenomeno è infanti molto più rilevante per le donne che per gli uomini.

In questo articolo dedicato al lavoro delle neo mamme presenteremo i dati relativi ai cambiamenti occupazionali per uomini e donne legati all’arrivo di un figlio, evidenziando le differenze tra il nord e il sud Italia; illustreremo le misure a sostegno della flessibilità dell’orario di lavoro e le modalità di accesso al lavoro agile (smart working) invocate tra l’altro dagli ultimi decreti governativi per fronteggiare l’emergenza COVID-19.

Molte mamme e papà che si rivolgono alla nostra Associazione di solidarietà familiare ci chiedono, come potersi occupare del proprio bambino, specialmente nei primi anni della sua vita, senza dover rinunciare, del tutto o parzialmente, al proprio posto di lavoro o alle mansioni raggiunte.

A questo riguardo, desideriamo sottolineare come ilProgetto I Infanzia Tatapark© – babysitting di gruppo per la primissima infanzia (0-18 mesi) costituisce un esempio e di flessibilità sul lavoro e di conciliazione con la vita familiare. Il progetto propone una forma di smart working che permette anche alle neo mamme, inoccupate o disoccupate, che vogliono occuparsi del proprio bambino di lavorare in seno al nostro progetto. A queste mamme offriamo una formazione ed un impiego retribuito come babysitter per occuparsi del proprio bambino e di quelli delle altre famiglie aderenti (max. 5 in totale). La custodia ha luogo presso il domicilio della mamma babysitter o l’abitazione della famiglia che ospita il gruppo (HOST), con il supporto giornaliero di un inserviente e dell’educatore professionale supervisore.

Tornando al rapporto tra maternità/paternità e occupazione, bisogna premettere che il diritto di rientrare al lavoro dopo i periodi di congedo per maternità e paternità è sancito dall’ Art. 56 – Diritto al rientro e alla conservazione del posto, del T.U. delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità (D.L. 26 marzo 2001, n. 151). Il rientro lavorativo dopo la gravidanza/nascita di un figlio è molto differente per uomini e donne. L’interruzione lavorativa per chi è occupato o la mancata partecipazione al mercato del lavoro per motivi legati alla cura dei figli riguardano, infatti, quasi esclusivamente le donne.Nel 2018, tra le donne da 18 a 64 anni che hanno avuto figli nel corso della vita, le occupate o le ex occupate che hanno interrotto l’attività lavorativa per almeno un mese continuativo allo scopo di prendersi cura dei figli piccoli sono quasi il 50%. La percentuale è più alta al Nord (61,6%) e tra le donne con almeno la laurea (71,8%).

Rispetto alle Unione Europea a 28, in Italia più donne non hanno mai lavorato per occuparsi dei figli. L’11,1% delle donne con almeno un figlio non ha mai lavorato per prendersi cura dei figli, un valore decisamente superiore alla media europea (3,7%). Nel Mezzogiorno, una donna su cinque con almeno un figlio dichiara di non aver mai lavorato per potersene prendere cura. In questa stessa area del Paese si registra anche la quota più alta di donne che dichiarano di non lavorare per motivi non legati alla cura dei figli (12,1% rispetto al 6,3% della media italiana e al 4,2% della media europea). Le differenze sono evidenti al variare del titolo di studio. Tra le madri con almeno la laurea, sono decisamente più basse le quote di quelle che non hanno mai lavorato in generale e, in particolare, per prendersi cura dei figli, mentre è più elevata la quota di quelle che hanno avuto una interruzione lavorativa.

Riguardo ai cambiamenti nell’assetto lavorativo i dati 2018 rivelano che le madri più dei padri rimodulano il proprio lavoro per la cura dei figli. Il 22,5% degli occupati con figli di 0-14 anni ha dichiarato di aver apportato un cambiamento nel lavoro attuale per prendersi cura dei figli (cambiamento o riduzione dell’orario, cambiamento di lavoro o altra modifica), ma sono soprattutto le donne ad aver modificato qualche aspetto della propria attività lavorativa per meglio combinare il lavoro con le esigenze di cura dei figli: il 38,3% delle madri occupate, oltre un milione, ha dichiarato di aver apportato un cambiamento, contro poco più di mezzo milione di padri (11,9%). La quota è più alta tra le occupate residenti al Centro-nord (41%), tra quelle con due o più figli minori di 15 anni (41,2%) o con figli in età prescolare (42,6%).

Per i padri la quota di chi ha rivisto il proprio impegno lavorativo è superiore alla media al Centro-nord (12,7%) mentre al massimo raggiunge il 10% nel Mezzogiorno, tra i dipendenti, gli operai e gli occupati in professioni non qualificate.

Le principali modifiche riguardano la riduzione o il cambiamento dell’orario di lavoro. Tra le madri che hanno modificato aspetti del proprio lavoro più di sei su dieci hanno ridotto l’orario e circa due su dieci lo hanno cambiato senza ridurlo. Tra i padri invece, il cambiamento più importante segnalato è la modifica dell’orario (38,3%) più che la sua riduzione (27,2%).

Infine, un terzo dei lavoratori dipendenti con responsabilità di cura ha orario flessibile, ovvero la possibilità di modificare l’orario di inizio o di fine della giornata lavorativa e di assentarsi un’intera giornata per motivi familiari senza dover ricorrere a giornate di ferie.

[FONTE: ISTAT]

La flessibilità dell’orario di lavoro

Le misure promulgate dalla legge n°53, 8 marzo 2000, promuovono un equilibrio tra tempi di lavoro, di cura, di formazione e di relazione, tra cui i congedi parentali, familiari e formativi; la flessibilità dell’orario di lavoro e altre disposizioni a sostegno della maternità e della paternità. Tralasciamo la parte riguardante i congedi parentali e i permessi, trattati in un precedente articolo per concentrarci sulle misure che riguardano l’orario di lavoro in se stesso.

L’articolo 9 della legge, destina fondi a sostegno della flessibilità di orario al fine di promuovere e incentivare forme di articolazione della prestazione lavorativa volte a conciliare tempo di vita e di lavoro. In particolare, prevede l’erogazione di contributi in favore di datori di lavoro privati, ivi comprese le imprese collettive, iscritti in pubblici registri, di aziende sanitarie locali, di aziende ospedaliere e di aziende ospedaliere universitarie i quali attuino accordi contrattuali che prevedano tipologie di azione positiva, tra cui:

a) progetti articolati per consentire alle lavoratrici e ai lavoratori di usufruire di particolari forme di flessibilità degli orari e dell’organizzazione del lavoro:

  • part time reversibile (art. 8, comma 7, Decreto Legislativo n. 81/2015). Il lavoratore può chiedere, per una sola volta, in alternativa alla fruizione del congedo parentale oppure entro i limiti del congedo ancora spettante, la trasformazione del proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, purché la riduzione di orario non sia superiore al 50%. Il datore di lavoro è tenuto a dar corso alla trasformazione entro quindici giorni dalla richiesta. La trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale è ammessa su accordo delle parti risultante da atto scritto.

[FONTE: DIP. POLITICHE DELLA FAMIGLIA]

  • telelavoro e lavoro a domicilio (D.P.R. 8 marzo 1999 n. 70). Con questo nome s’intende solitamente un’organizzazione del lavoro in cui il lavoratore opera dal suo domicilio – che viene attrezzato con una postazione ad hoc che include il pc e gli altri strumenti necessari – per uno o più giorni alla settimana.

Questa modalità deve essere autorizzata dal datore di lavoro e concordata tra le parti, che definiscono le fasce di reperibilità, l’oggetto della prestazione e i giorni, sempre nel rispetto del monte ore settimanale lavorativo previsto dal contratto applicato. È una misura quindi rivolta a lavoratori subordinati, sia del settore pubblico sia del privato, rispetto ai quali il datore ha le stesse responsabilità in materia di sicurezza e salute previste per la sede di lavoro originaria. La scelta di telelavorare è sempre reversibile, sia per scelta del lavoratore che del datore di lavoro. Ai telelavoratori competono i medesimi diritti dei lavoratori “tradizionali”, ad esempio per quanto attiene all’attività sindacale o all’accesso alla formazione. Oggi, oltre al telelavoro domiciliare, ne esistono forme in cui i dipendenti raggiungono spazi comuni attrezzati dedicati ai telelavoratori che, essendo più vicini al domicilio di quanto non sia il posto di lavoro, consentono di ridurre i tempi di spostamento o addirittura di non essere più pendolari. In alcuni casi, viceversa, sono le aziende a richiedere ai dipendenti che la prestazione sia svolta da remoto, scegliendo di delocalizzare parti del lavoro per risparmiare sui costi fissi che gli uffici comportano.

[FONTE: DIP. POLITICHE DELLA FAMIGLIA]

  • banca delle ore (Circolari INPS n. 40 del 20/02/1996; n. 39 del 17/2/2000; n. 95 del 16/5/2000). È un istituto contrattuale che consente ai lavoratori di accantonare momentaneamente le ore di lavoro straordinario in un “conto” individuale per poterne poi usufruire al bisogno, nel corso dell’anno, ad esempio per necessità legate alla cura dei figli o degli anziani. I lavoratori dipendenti, cioè, possono decidere che le ore di straordinario effettuate non vengano loro retribuite, bensì siano “restituite” loro quando avranno bisogno di assentarsi dal posto di lavoro.

L’istituto della banca delle ore è previsto in molti CCNL e contratti aziendali. Per usufruirne, è sufficiente che il dipendente – di volta in volta – concordi col datore di lavoro la data e la durata della propria assenza, nei limiti del monte ore massimo stabilito dal contratto. La “banca ore” si inserisce nel quadro normativo vigente in Italia in materia di orario di lavoro – Legge 24/6/1997, n. 196 – con riferimento anche ai criteri indicati dalla direttiva CEE n. 93/104 in materia di orario di lavoro normale e straordinario, che ammette un’ampia possibilità di deroghe ad opera degli Stati e della contrattazione collettiva ai diversi livelli.

[FONTE: DIP. POLITICHE DELLA FAMIGLIA]

  • orario flessibile, con specifico interesse per i progetti che prevedano di applicare, in aggiunta alle misure di flessibilità, sistemi innovativi per la valutazione della prestazione e dei risultati.

Per “orario flessibile” si intende una serie di istituti contrattuali che consentono ai dipendenti di fruire di un orario di lavoro che essi possono distribuire variamente nell’arco della giornata, della settimana o del mese, nei limiti definiti nei diversi contratti collettivi nazionali e in quelli aziendali. Ad esempio, l’orario flessibile si può tradurre nella possibilità per i dipendenti di entrare e uscire dal posto di lavoro entro fasce orarie predeterminate – e non obbligatoriamente ad una determinata ora. Al lavoratore viene quindi concessa autonomia decisionale e un margine di tempo che gli permette di conciliare i propri impegni lavorativi con quelli personali (flessibilità in entrata e in uscita).

Un altro strumento di flessibilità previsto da molti contratti è l’orario concentrato ovvero la possibilità data al lavoratore di rinunciare alla pausa pranzo per poter uscire anticipatamente dal posto di lavoro.

In altri casi il contratto può prevedere fasce orarie in cui i lavoratori sono obbligati ad essere presenti in azienda (compresenza), lasciando loro, però, la possibilità di definire autonomamente l’orario di ingresso e di uscita, fatto comunque salvo l’obbligo di rispettare il monte ore giornaliero previsto.

Esiste poi il “lavoro ad isole” col quale un gruppo di lavoratori che svolgono lo stesso tipo di mansione (ad esempio i cassieri di un supermercato) si organizza autonomamente per consentire di volta in volta a singoli membri del gruppo di assentarsi senza che questo incida sulla qualità del servizio, che continua ad essere garantito dagli altri membri.

[FONTE: DIP. POLITICHE DELLA FAMIGLIA]

  • Un’altra modalità atipica di lavoro part-time è il job sharing, un’iniziativa che agevola la gestione dei tempi di lavoro mediante un contratto che permette a due lavoratori di condividere un posto full-time, con elevata flessibilità nella gestione dei propri orari e compiti lavorativi.
  • smart working (vedi paragrafo successivo)

I destinatari dei progetti/programmi sono lavoratrici o lavoratori, inclusi i dirigenti, con figli minori, con priorità nel caso di disabilità ovvero di minori fino a dodici anni di età, o fino a quindici anni in caso di affidamento o di adozione, ovvero con a carico persone disabili o non autosufficienti, ovvero persone affette da documentata grave infermità.

I fondi previsti dall’art. 9 della legge 53/2000, a valere sul Fondo per le politiche della famiglia istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ex art. 19 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, in passato sono stati utilizzati per finanziare sgravi contributivi per contratti collettivi aziendali contenenti misure di conciliazione tra vita professionale e vita privata. Più recentemente (anno 2019) son serviti a finanziare il bando “#Conciliamo” del Dipartimento per le Politiche della Famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri volto alla realizzazione di progetti per favorire la realizzazione di interventi di conciliazione tra vita professionale e privata nel contesto dell’ambiente di lavoro. Lo scopo del bando è quello di promuovere un welfare su misura e incentivare lo sviluppo di progetti capaci di risolvere problemi e priorità comuni e ad impattare positivamente sulla qualità della vita dei lavoratori e delle lavoratrici e quindi sulla produttività delle imprese.

Lo Smart Working – lavoro agile

Il lavoro agile (art. 18, co.1, Lg. n. 81 del 22 maggio 2017) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa. Si differenzia dal telelavoro perché non prevede una postazione fissa installata nell’abitazione del lavoratore.

Lo smart working (Legge 22 maggio 2017, n. 81 ; art. 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124; Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 1 giugno 2017, n. 3) consente agli operatori del settore pubblico come di quello privato di conciliare meglio i tempi di vita e di lavoro, lavorando da remoto e con maggiore flessibilità; come ad esempio la possibilità di dedicare una o più giornate alla settimana a prestazioni da casa, con vantaggi per la vita familiare, gli affetti e gli interessi di ciascuno. La prestazione lavorativa viene eseguita, quindi, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno, previo accordo tra il datore di lavoro e il singolo lavoratore. L’accordo non prescinde dall’inquadramento contrattuale in cui il lavoratore è inserito (CCNL), ma definisce i termini della prestazione lavorativa: quantità delle ore di lavoro e fascia di reperibilità garantita.

Il lavoro agile è protetto da criteri di equità: eguale retribuzione rispetto al lavoro nella sede aziendale, identici incentivi, garanzie in tema di sicurezza, limiti orari e diritto alla formazione. Il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa.

La legge di bilancio 2019, ha aggiunto un ulteriore disposizione in tema di lavoro alla Lg. n.81 del 22 maggio 2017. I datori di lavoro pubblici e privati che stipulano accordi per l’esecuzione della prestazione di lavoro in modalità agile sono tenuti in ogni caso a riconoscere priorità alle richieste di esecuzione del rapporto di lavoro in modalità agile formulate dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del periodo di congedo di maternità previsto dall’articolo 16 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, ovvero dai lavoratori con figli in condizioni di disabilità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 agile (Art. 16, co. 3 bis).

IMPORTANTE. In questi difficili giorni di emergenza sanitaria da COVID-19 il lavoro agile entra di diritto nella vita dei lavoratori essendo stato esplicitamente previsto dal D.L. 23 febbraio 202°, n. 6; dal D.L. 2 marzo 2020, n.) e dal DPCM 8 marzo 2020, che la modalità di lavoro agile sia applicata dai datori di lavoro e per tutta la durata dello stato di emergenza a ogni rapporto di lavoro subordinato, anche in assenza degli accordi individuali previsti.

[FONTE: DIP. POLITICHE DELLA FAMIGLIA]

Molti contratti collettivi nazionali del lavoro, sia del settore pubblico che di quello privato, prevedono misure che aiutano i dipendenti a conciliare la sfera lavorativa con quella personale. Molti contratti aziendali prevedono, altresì, misure migliorative rispetto a quanto stabilito a livello di contrattazione nazionale. Per questo motivo i dipendenti, specialmente quelli con carichi di cura familiare ma non solo, possono utilmente verificare cosa prevede il proprio CCNL o il proprio contratto aziendale e richiedere di fruire degli eventuali benefici.

Le misure in favore della flessibilità dell’orario di lavoro rientrano nell’ambito più ampio delle misure dette di conciliazione tra vita professionale e privata. Queste ulteriori disposizioni legislative prevedono il finanziamento di servizi, l’erogazione di bonus e agevolazioni nonché la sperimentazione di forme sostenibili di lavoro in favore dei genitori lavoratori di cui parleremo nel prossimo articolo.

Articolo a cura di: Accompagnare la Genitorialità IMPRESA SOCIALE ONLUS e Sistema TATAPARK© – servizi di custodia per la prima e primissima infanzia