Mamma Pampilla: scegliere il nome, che responsabilità!
Ma che bello, sei incinta! Maschio o femmina? E come la chiami la tua bimba? Ecco le due domande che mi vengono fatte quasi una volta al giorno, da quando la mia pancia da ottavo mese inoltrato evidenzia in modo inequivocabile che sono incinta.
In questa seconda gravidanza almeno posso rispondere alla prima domanda senza difficoltà, mentre la prima volta non avevo voluto sapere il sesso del nascituro, nello sgomento dell’avventore di turno. Ma la seconda domanda, quella sul nome, è uno strazio invariato: non lo so come la chiamo!
Sono pessima, è vero, anche se condivido il peso della mia indecisione con mio marito, ma non riesco proprio ad essere risoluta, a questo proposito. Non trovate anche voi che scegliere il nome del proprio figlio sia una responsabilità serissima?
Bisogna pensarle tutte, poi: a come suona col cognome, a quali equivoci potrebbe dare luogo, quali sarebbero i diminutivi, quale personaggio storico o di attualità lo porta e cose così, perché non vuoi rovinargli la vita con un nome sbagliato, non vuoi che lo prendano in giro per un nome magari pure bello, ma bizzarro, né che quel nome gli faccia schifo e che ti rimproveri a vita di averglielo affibbiato (come è capitato a me con mia mamma). Insomma, mica si può prendere il primo nome che capita, bisogna darsi delle regole!
Io so che tipo di nome vorrei, ma poi non ne trovo mai uno che abbia le caratteristiche al completo. Ovvero: un nome con una storia alle spalle, tradizionale, ma che non sappia di vecchio, non troppo usato, possibilmente di origine greca. E perché lo voglio così? Chissà…
Nonni, amici, persone più o meno conosciute buttano sul tavolo un’infinità di suggerimenti, senza mai provocare in me una reazione di entusiasmo. Mio marito dice che io li boccio tutti, ma non mi sembra che lui sia così tanto più deciso di me. In verità a me – comunque non a lui – piacerebbe molto Giulia (mi piace da sempre), ma, a parte che una mia amica ci ha appena chiamato la sua piccolina, è il nome più usato in Italia oggi (date un’occhiata qui).
Invidio quelli che dicono: “se avessi un figlio, lo chiamerei così” e magari non sono neppure in odore di gravidanza, o quelli che appena sanno il sesso, tac, ti sfoderano un nome con una sicurezza impressionante. Già con il mio primo figlio è stato faticoso: in sala parto mi hanno chiesto come lo volevo chiamare e io ho dovuto dire quella che era la scelta della settimana, salvo poi cambiare idea quando l’ho visto in faccia. Anziché un Tommaso mi sembrava un Alessandro e ho passato due mesi a chiamarlo così, dentro di me, prima di rassegnarmi all’idea. Ed è vero che non l’avevamo ancora registrato all’anagrafe, ma volete mettere la fatica di avvisare tutti dicendo che il nome non era più quello?
Non posso nemmeno contare su un suggerimento da parte di mio figlio, perché non ha ancora due anni ed è già tanto se ha capito che arriva una sorellina…
Allora ci siamo dati ai libri: oltre ai vari elenconi con etimologie più o meno fondate, il «Nuovo libro dei nomi di battesimo» di Fruttero e Lucentini e gli elenchi dei nomi più cool del momento (così li scartiamo) che si trovano in rete. E una sera, pochi giorni fa, abbiamo preso carta e penna e cominciato a buttare giù una prima lista di preferenze… Peccato che siano ancora più di trenta!