I tic nervosi come affrontarli
Sbattere in maniera pronunciata le palpebre, scuotere i capelli, fare smorfie con la bocca, fare dei colpi di tosse come a schiarire la voce, alzare le spalle, sono tutti gesti che se ripetuti continuamente e senza controllo possono essere classificati come tic.
Ma cosa significa questa parola e cosa c’è dietro a questi gesti?
I tic sono movimenti involontari, classificabili in semplici se costituiti da movimenti brevi e stereotipati del volto, delle spalle e degli arti ed in complessi se costituiti da sequenze di movimenti.
I tic motori semplici comprendono: smorfie del viso, movimenti del collo, colpi di tosse, segnali di ammiccamento; mentre i tic vocali semplici includono: raschiarsi la gola, sbuffare, tirar su col naso, grugnire.
I tic motori complessi comprendono invece battere i piedi, effettuare movimenti mimici, saltare, toccare, odorare un oggetto; i tic vocali complessi riguardano, invece la ripetizione di parole fuori contesto. Nei casi più gravi, possiamo assistere alla coprolalia (usare parolacce) e l’ecolalia (ripetere come un’eco frasi, parole o suoni sentiti per ultimi).
Bisogna intanto dire che non è necessario nella maggior parte dei casi rivolgersi a un neuropsichiatra infantile, nei bambini sono transitori e coincidono con particolari momenti della loro vita e così come sono arrivati passano. E’ importante invece rivolgersi ad uno psicologo che possa analizzare il problema e aiutare il bambino a esprimere in altri modi, i conflitti e le ansie che stanno solitamente alla base dei tic nervosi, e aiutare al tempo stesso i genitori a intraprendere comportamenti e strategie atti a sostenere il bambino nel superamento di questa difficoltà.
I tic in realtà sono delle esternazioni che il bambino trova per sfogare una vera e propria tensione emotiva, un timore, una paura, un’angoscia, una frustrazione, una vergogna, che non sa esprimere in altro modo. Emergono frequentemente, soprattutto nella fase preadolescenziale e adolescenziale, ritiro sociale, forte timidezza, umore depresso, difficoltà nella socializzazione col gruppo dei pari (per la paura di essere derisi, rifiutati, presi in giro).
Ora cercheremo di dare dei consigli utili per i genitori su come affrontare il problema.
La prima fondamentale regola è fare finta di niente, non continuare a rimarcare il problema ogni qualvolta si presenta e sottolinearlo con frasi tipo: “Ancora?”, “La vuoi smettere”, “Guarda che ti ho visto che l’hai fatto”, “Ti lego le mani se ti tocchi ancora i capelli”, non farlo guardare allo specchio, non imitarlo e non mostrarsi ansiosi e preoccupati. Tutti questi atteggiamenti non fanno altro alimentare questo sintomo e condurre il bambino a nascondersi o ad avere ulteriori paure.
Un’altra fondamentale regola è quella di creare intorno al bambino un ambiente sereno:
Aiutate il bambino ad essere autonomo, quindi fategli svolgere tutte le attività che può fare da solo, quindi lavarsi vestirsi, mangiare, riordinare i suoi giocattoli, fatevi aiutare in piccole ma importanti faccende, apparecchiare la tavola, preparare lo zaino per la scuola o l’asilo, apparecchiare la tavola, fate passare il messaggio che lui è un bambino capace e grande.
Non tenetelo in una campana di vetro e non sminuitelo in ogni cosa, i bambini apprendono per imitazione e se voi mostrate continue ansie nei loro confronti loro faranno lo stesso quindi lasciatelo libero di sperimentare, di provare e soprattutto di sbagliare, tutte le frasi, stai attento, ti fai male, guarda che cadi, non farlo perché non ci riesci, guarda che se poi lo fai cadere vedi, te lo avevo detto, lascia che lo faccio io , non sudare non sporcarti, creano nei bambini degli stati d’ansia.
Non utilizzate mai il cibo come ricatto premio o punizione, anche il rapporto con il cibo viene imitato dai bambini da quello dei genitori, quindi controllatevi quando ne parlate, diete, zucchero, olio sale, questo no perché fa ingrassare questo no perché ti fa male questo no perché non lo digerisci, capirà che il cibo è “pericoloso” e lo eviterà o lo renderà un ambito di lotta di potere con voi)
Premiate sempre i suoi sforzi e le sue conquiste e date spiegazioni chiare e comprensibili alle regole che date e quando non rispetta le regole , manifestate dispiacere sincero, spiegate come avrebbe dovuto comportarsi, ditegli che sareste stati più contenti ma non che non gli volete più bene.
Gestire le esplosioni di rabbia: rispecchiare le sue emozioni ed accettarle (“so che sei arrabbiato ma per la mamma e il papà è importante che…), gestite in maniera costruttiva i momenti di rabbia (non urlare, sbattere oggetti, picchiare) ascoltando e dimostrando che volete aiutarlo ad affrontare la sua irritazione, aiutatelo ad attenuare la rabbia proponendo un’attività (correre, disegnare, recitare la scenetta coi pupazzi…), insegnategli che quando è arrabbiato deve esprimere ciò che prova, non siate punitivi (se picchiate, il bambino impara a picchiare, se urlate impara ad urlare).
Raccontate delle storie prima di dormire e stategli vicino fino a quando la storia è finita, e chiedete che emozioni prova in certi punti della storia o di dirvi cosa gli piace o non.
Giocate insieme: trovare un momento della giornata per dedicarlo al gioco comune è fondamentale per la serenità di un bambino, piuttosto coinvolgetelo in attività che dovete fare voi; colorare, disegnare, cucinare…proponete una attività da fare insieme e divertitevi con il vostro bambino. Durante il gioco ascoltatelo, è lì (facendo parlare i personaggi o disegnando) che rivela le sue ansie, le sue difficoltà ed è lì che potrete rassicurarlo e fargli sentire che ce la farà.
Non caricare il bambino delle proprie pretese o aspettative. Sottolineare il tic lo fa sentire sbagliato e non accettato e crea ansia che a sua volta si esprime con il tic, in un circolo vizioso. Accettate il bambino per come è, senza disapprovarlo se non si comporta come vorreste, se non è bravo come avreste immaginato, se non riesce in qualcosa. Diminuite la pressione rispetto alle performance scolastiche, sportive… insomma non aspettatevi troppo.
Annotate su un quaderno quando compaiono i tic in quali momenti della giornata e in relazione a che cosa.Vi aiuterà a comprendere meglio quando il bambino sente la necessità inconsapevole e involontaria di ricorrere al tic.
Confrontatevi con gli insegnanti o le maestre e cercate una linea di azione comune. Pretendete rispetto nei confronti del problema anche da parte loro.
Non escludetelo da incontri sociali anzi cercate di farlo stare il più possibile insieme ad altri bambini. Organizzate merende a casa vostra!
Durante lo svolgimento dei compiti create un ambiente sereno e calmo, fatelo studiare in camera sua se possibile e comunque mai davanti alla tv, con la radio accesa o in presenza di qualsiasi altro stimolo esterno che possa distrarlo. Stabilite un orario di inizio e di fine e fateglielo mantenere. Concedete una pausa per la merenda o se lo vedete particolarmente distratto piccole pause di 5 minuti (ogni mezz’ora, quaranta minuti) per favorire la ripresa della concentrazione. Incoraggiatelo a fare da sé (standogli intorno e rimandandogli che siete lì e che può chiamarvi se ha bisogno di aiuto), non sgridatelo né disapprovatelo se non riesce o sbaglia qualcosa. Aiutatelo a capire l’errore e a rimediarlo senza spazientirvi. Lodatelo quando riesce a far bene qualcosa e sostenetelo quando sente di non riuscire
Non sollevate mai il problema dei tic se non è il bambino a farlo e se vi chiede dei perchè ditegli che non si deve preoccupare che passeranno e che anche voi li avete avuti e ora sono andati via!
Quando e’ il caso di preoccuparsi per i tic? Quando si verifica un passaggio da quelli semplici a quelli complessi, siano essi motori o vocali. Questi hanno dei precedenti ereditari che rappresentano un fattore predisponente. I tic devono essere considerati un problema serio quando nel bambino si notano nuclei di pensieri o sentimenti di tipo ossessivo anche al di fuori dei tic. In questo caso il ricorso allo specialista, il neuropsichiatra infantile, e’ d’obbligo.
Siate voi i primi ad essere sereni, e vedrete che tutto passerà.
Con la collaborazione del dott. Alessandro Pincherle