Anche in Italia è legale la fecondazione eterologa
Care mamme,
è caduto un altro tabù sulla fecondazione medicalmente assistita, regolamentata dalla discussa Legge 40. Di pochi giorni fa la decisione della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo il divieto alla fecondazione eterologa nei casi di infertilità assoluta.
Le coppie che vogliono un figlio, ma in cui o la donna o l’uomo abbiamo diagnosi di sterilità assoluta (e quindi impossibilitati a usare i propri ovuli o i propri spermatozoi), potranno legalmente rivolgersi alle strutture che praticano la fecondazione assistita e chiedere l’accesso all’eterologa.
Un risultato storico che vede smantellare l’ennesimo pezzo di una legge che in dieci anni di vita è stata rimaneggiata e messa in discussione più volte. Se fino ad oggi queste coppie in Italia si vedevano negata la possibilità di accedere alle procedure di fecondazione in vitro, tra circa un mese, dopo la pubblicazione della sentenza sulla Gazzetta Ufficiale, avranno una speranza in più di coronare il loro sogno di diventare genitori.
Attualmente cioè è possibile solo all’estero, dove si recano ogni anno, secondo le stime dell’Osservatorio sul turismo procreativo, circa 4000 coppie italiane con notevoli costi per i viaggi e i trattamenti.
Come ampiamente previsto, la decisione della Consulta ha suscitato polemiche e resistenze da parte del mondo religioso. Famiglia Cristiana ha etichettato la sentenza come “l’ultima follia italiana”, e sono già molti i politici che orbitano nell’area cattolica a manifestare disappunto.
In sintesi, il cambiamento maggiore che questa sentenza introduce è la possibilità di utilizzare ovuli o spermatozoi di un donatore esterno alla coppia per la fecondazione in vitro.
La posizione del Ministero della Salute non si è fatta attendere con le dichiarazioni di Beatrice Lorenzin che si è detta certa della necessità di ripensare la legge, dato il tema così complesso.
Gioiscono i sostenitori dell’associazione Luca Coscioni, che sta seguendo Valentina Magnanti, la giovane donna costretta ad abortire da sola in un bagno dell’ospedale Sandro Pertini poiché c’erano di turno solo medici obbiettori di coscienza, nella sua battaglia per l’ottenimento della diagnosi preimpianto nei casi di malattie genetiche.
A cura di Manuela Boschetti
(Foto: www.giornalettismo.com)