Da alcune settimane molte città italiane si sono mobilitate per prendere parte al coro di proteste suscitate dalla triste storia di Sakineh Mohammadi Ashtiani: molti edifici pubblici hanno scelto di appendere immagini della donna per protestare contro l’ingiusta condanna a cui è stata sottoposta, anche se le ultime notizie che arrivano dall’Iran parlano di una sospenzione in attesa di revisione per la pena.
Purtroppo, ormai tutti siamo a conoscenza della vicenda di Sakineh, la donna iraniana di 43 anni, madre di due figli, condannata alla pena di morte per lapidazione, con l’accusa di adulterio e concorso in omicidio.
Nel 2006, Sakineh era stata arrestata con l’accusa di aver intrattenuto delle relazioni illecite con due uomini dopo la morte del marito: per questo reato era stata condannata alla pubblica fustigazione, 99 frustate sotto gli occhi, tra gli altri, anche di uno dei due figli.
In seguito, un tribunale penale iraniano accusò uno dei due presunti amanti di essere coinvolto nell’omicidio del marito della donna quindi la condanna per Sakineh divenne più aspra: fu accusata di adulterio mentre ancora sposata e di aver avuto un ruolo nell’omicidio del marito. Così, nel 2007, la donna fu giudicata colpevole di adulterio e omicidio, reato punito con la condanna a morte per lapidazione.
I fatti e le vicissitudini giudiziarie che hanno portato le autorità iraniane a condannare la donna a questa orribile pena hanno dei contorni decisamente poco chiari, per diversi motivi:
- prima di tutto, non si hanno né confessioni né prove a supporto delle accuse. Il processo è stato gestito in maniera del tutto sommaria, sulla base di convinzioni personali dei giudici che, in base alla legge iraniana, hanno la facoltà di imporre la propria opinione personale, anche se non supportata da prove certe: una condanna all’insegna dell’arbitrarietà insomma
- l’ex avvocato della donna ha dovuto rinunciare a difenderla a causa delle persecuzioni delle autorità iraniane: sua moglie è stata infatti arrestata e rilasciata solo quando lui ha abbandonato l’incarico
- anche i nuovi legali stanno subendo forti pressioni, nonché misteriose sparizioni degli atti processuali relativi al processo per l’omicidio del marito di Sakineh
- la confessione forzata di Sakineh, rilasciata alla tv di Stato iraniana ad agosto dopo due giorni di tortura e poi ritrattata: ennesima mossa delle autorità iraniane per influenzare l’opinione pubblica sulla giustizia della condanna
- Sakineh è completamente isolata in carcere, non può ricevere visite e non si possono avere notizie certe sulle sue condizioni
La profonda ingiustizia della condanna di Sakineh è stata resa nota grazie alla mobilitazione dell’ex avvocato della donna, rifugiato attualmente in Norvegia, e dei suoi due figli, che hanno dato risonanza internazionale alla vicenda, chiedendo l’intervento delle autorità e dell’opinione pubblica occidentali.
Le autorità iraniane non hanno potuto ignorare il sentito coinvolgimento delle personalità politiche, l’attivo intervento delle organizzazioni umanitarie per la difesa dei diritti umani e le pressioni della stampa europea e non solo (anche in Iran, soprattutto a Tabriz dove la donna è detenuta, l’opinione pubblica si sta schierando in favore di Sakineh), per cui l’esecuzione della condanna, inizialmente fissata per luglio 2010, è stata momentaneamente sospesa e il riesame del caso è in corso. A Sakineh basterebbe infatti solo il perdono dall’Ayatollah per avere salva la vita.
La condanna è attualmente sotto revisione e le informazioni che ci arrivano dall’Iran continuano ad essere frammentarie e contraddittorie: il destino di Sakineh è ancora profondamente incerto, con annunci – poi smentiti – di esecuzioni, presunte conversioni di pena (dalla lapidazione all’impiccagione) o proteste contro le improprie interferenze dei Paesi occidentali, secondo le autorità iraniane basate su informazioni sbagliate, che stanno quindi, sempre a detta dell’Iran, difendendo un’assassina sventolando la bandiera dei diritti umani.
Beh, se posso esprimere un’opinione personale, è l’Iran che avrebbe qualcosa da imparare sui diritti umani, visto che nega anche quelli più elementari, in particolar modo alle donne.
La vicenda di Sakineh è emblematica sulla condizione delle donne in Iran, sul loro ruolo nella società, sulla loro importanza agli occhi del mondo e della legge degli uomini. Basta pensare alla reazione violenta suscitata dalla presa di posizione di Carla Bruni, offesa e denigrata dalla stampa iraniana allo scopo di sminuire il valore e l’effetto delle sue parole.
La storia di Sakineh è venuta alla luce grazie alla tenacia dei suoi due figli ma di quante altre donne non non si è saputo, non si sa e non si saprà nulla, di donne vittime di soprusi e ingiustizie, di processi sommari, di fustigazioni pubbliche per adulterio (ma l’adulterio è reato solo per le donne, attenzione!), di morte per lapidazione.
Vi siete mai soffermati veramente su cosa significa la morte per lapidazione?
Nell’antichità, la lapidazione pubblica era la forma di condanna a morte prediletta per punire adultere, prostitute, assassini, apostati e omosessuali ed era sostanzialmente un’espiazione pubblica della colpa del condannato, anche perché permetteva agli accusatori di vendicarsi, partecipando in prima linea al lancio delle pietre.
In Iran, dove la lapidazione è praticata da molto tempo, la procedura è studiata in modo che il decesso non avvenga subito. La legge infatti prevede che “le pietre non devono essere così grandi da far morire il condannato al solo lancio di una o due di esse; esse inoltre non devono essere così piccole da non poter essere definite come pietre”. I lanci continuano fino a quando il condannato non è seppellito fino alla vita, se si tratta di un uomo, o fino al petto se si tratta di una donna.
Questo vuol dire essere lapidati, vuol dire morire tra atroci sofferenze, con uno dei metodi più barbari che esistano. A questo punto, non si tratta più di punire un delinquente, ma di disprezzo e negazione dei più basilari diritti della vita e della libertà umana, di leggi discriminatorie, di accanimento nei confronti di una persona che, probabilmente, ha come unica colpa quella di essere nata donna, condizione resa ancora più inutile dal fatto di essere diventata vedova.
Anche noi di Mammaoggi vogliamo dimostrare la nostra partecipazione e la nostra vicinanza a Sakineh, fatelo anche voi commentando e lasciando il vostro supporto per questa donna violata. Grazie.
One Comment
francesco
perchè l'uomo più ricco al mondo non paga un riscatto alle autorita iraniane perchè la lascino libera?