Care mamme,
qualche giorno fa ho letto sul blog del Corriere La ventisettesima ora un post che mi ha colpito molto e che mi piacerebbe discutere con voi. L’articolo parla di un modo tutto nuovo di vedere il momento del parto, un tentativo di sdoganarlo dalla concezione comune di esso come momento solo di dolore e vulnerabilità per la donna.
È stata l’artista newyorkese Marni Kotak, 36 anni, a farsi portavoce di questa nuova tendenza, decidendo di mettere in scena la sua performance “The Birth of Baby X”, ossia il parto in diretta del suo primo figlio, Ajax, all’interno della Galleria d’arte di Bushwick, a Brooklyn, di fronte ad una folla di spettatori prenotatisi da giorni per poter assistere a questo evento a dir poco particolare.
Inutile sottolineare che la scelta estrema dell’artista ha suscitato parecchie polemiche, prima fra tutte l’accusa di voler spettacolarizzare un evento intimo e privato come il parto. Ma lei si difende: “Mettere al mondo un bambino è la testimonianza più diretta della forza creativa della vita, la più alta forma d’arte”.
E sembrano pensarla come lei le molte donne comuni che hanno deciso di caricare su Youtube il video fatto in casa del proprio parto. Come Nancy Salguiero, 32 anni, chiropratica di Ottawa, che spiega così le motivazioni della sua scelta: “Il mio intento era dimostrare che il parto non è assolutamente un intervento medico ad alto rischio. Voglio che le donne guardino attentamente l’intero video e non soltanto il momento della nascita”.
Ma cerchiamo di capire meglio cosa c’è dietro quella che al primo impatto può sembrare solo smania di esibizionismo, attraverso le parole di Kudy Norsigian, Fondatrice del gruppo “Our Bodies, Ourselves” e autrice una raccolta di immagini di donne nude e urlanti, ritratte nel momento del travaglio e del parto: “le donne vogliono cambiare la percezione del parto inteso solo come un doloroso incubo. Vogliamo dare alle future mamme quelle informazioni che non avranno mai dai dottori. Il parto è ancora uno dei tabù della nostra società; il nostro è un tentativo per riprenderci il controllo del nostro corpo”. Una sorta di liberazione dalle catene, insomma.
Di rimando, la psicologa newyorkese Erica Lyon ribatte che “nel parto tradizionale di un tempo, un rito per pochi intimi, la puerpera si sentiva emotivamente protetta e sicura. Aprire la porta della sala parto a internet è pericoloso e sbagliato perché aumenta enormemente il senso di vulnerabilità della donna, con effetti psicologici potenzialmente devastanti”.
Due posizioni diametralmente opposte…e voi, care mamme, da che parte state? Avete mai pensato di partorire “in diretta”?
Fonte: Corriere.it