Mamma a tempo pieno, la scelta di Paola

Care mamme,

qualche tempo fa vi abbiamo raccontato la storia di Cinzia, una mamma di Bologna che è riuscita nell’impresa di conciliare in maniera ottimale maternità e lavoro, diventando una consulente di viaggio. Cinzia è molto soddisfatta del suo essere mamma lavoratrice, perché in questo modo si sente appagata sia come madre e moglie, che come professionista.

Sappiamo tutte fin troppo bene, però, che quella che ha scelto di percorrere Cinzia è una strada il più delle volte in salita, perché molto spesso il mondo del lavoro si dimostra poco tollerante e disponibile verso le esigenze delle neo-mamme.

E questo molte volte si traduce nella scelta di lasciare il proprio lavoro, una scelta che può essere anche molto sofferta, ma che nel nostro cuore ci sentiamo comunque di dover – e voler – fare.

Questo è proprio ciò che è capitato a Paola, che racconta a Vanityfair.it perché ha deciso di diventare una mamma a tempo pieno.

Paola ha 48 anni, lavora nella contabilità di una multinazionale ed è mamma di due bambini di 8 e 3 anni, Claudio e Giorgio. Per anni, Paola si divide come può tra casa e lavoro, ma è infelice, insoddisfatta e indecisa sul da farsi. Ci pensa anni, valuta i pro e i contro, anche economici, parla di “terzo parto” per rendere al meglio l’idea di quanto questa decisione potesse essere sofferta, ma trova sempre una scusa per rimandare: “non sembrava mai il momento giusto, non ero mai pronta per il grande passo. Eppure ogni volta che rimandavo mi sentivo un po’ peggio. Vedevo i miei figli crescere, le tate succedersi l’una dopo l’altra e mi ripetevo: ‘Ecco mi sono persa anche questo, presto diventeranno grandi e io sarò stata poco più che uno spettatore’.”

Paola spiega di aver avuto i suoi bambini tardi, perché concentrata sul lavoro e perché non aveva ancora trovato il compagno giusto. L’arrivo dei figli per lei “è stato il regalo più grande che la vita mi abbia fatto, ma non ero una di quelle donne che si era sentita per tutta la vita ‘mamma’ e ho fatto fatica a sintonizzarmi sulla mia nuova condizione. Per un po’ sono stata come fuori giri. Anzi a dire la verità mi sono sentita fuori giri per tutti questi anni. Era come se la mia vita fosse una continua rincorsa, dal mattino presto fino alla sera quando tornavo a casa tardi con i sensi di colpa per aver perso tutta la giornata dei miei bambini, e quelli verso l’ ‘ufficio’ perché c’era sempre qualcuna più brava, più organizzata, più senza figli che lavorava meglio o spesso anche solo più a lungo”.

Il senso di colpa

I momenti peggiori erano le vacanze, con quelle tre settimane striminzite, a volte elemosinate e loro a casa dei mesi tra campi estivi, corsi di cucina, tate e contro tate. Lo so, starete pensando, è il destino di tutte le madri che lavorano: fare i salti mortali per tenere tutto insieme e sentirsi sempre in debito. Anche se i figli fanno il possibile per non fartelo pesare, perché sono dei tesori loro, e ti dicono sempre che sei la migliore madre del mondo, anche se non fai le torte, non li vai a prendere a scuola, non li accompagni al calcetto. Io però sono arrivata al limite, sono arrivata a non ritrovarmi più nella vita che stavo vivendo e nelle scelte che avevo fatto”.

Paola si ferma e si rende conto che ha perso di vista le proprie priorità, ed che erano sempre i figli ad essere messi in secondo piano: “I miei figli venivano sempre dopo. Dopo qualche riunione irrinunciabile, qualche telefonata vitale, il budget da rivedere, l’obiettivo da raggiungere. La mia testa era sempre altrove. Sempre con l’ansia di finire qualcosa per potermi finalmente dedicare a loro. In una rincorsa continua di un istante perfetto in cui finalmente avrei potuto giocare con loro, aiutarli a fare i compiti o stare anche solo lì a guardare un cartone animato, senza pensare ad altro, senza preoccuparmi di altro”.

La decisione

La svolta arriva al termine di una giornata particolarmente estenuante per Paola, con il capo che incalzava, i bambini malati e la tata in crisi, il pediatra che non rispondeva al telefono… con rabbia e ansia a livelli preoccupanti, Paola dice basta: “Ho capito che quello che volevo dal profondo era che i miei figli venissero prima di tutto, che fossero loro la priorità, ma non solo teoricamente. Volevo che fossero loro il fuoco della mia attenzione, il fulcro intorno a cui far girare la mia vita. E poi se mi fossero restati tempo, voglia, energia, mi sarei dedicata anche ad altro. Perché lo so un giorno cresceranno e andranno via e non avranno più bisogno di me, come dice qualche mia amica più saggia, ma oggi sono lì e io per loro posso fare la differenza. Molto più che per la mia azienda”.

Così Paola prende il coraggio a due mani e si licenzia: “Al di là di tutte le paure, della crisi, del futuro, ho sentito di doverlo fare. Spesso temo che me ne pentirò, che avrò dei momenti di dubbio e di vuoto, ma so anche di essermi già abbondantemente pentita di non avere avuto il coraggio di farlo prima. Quando sono entrata nell’ufficio del personale e ho detto ‘voglio andarmene per motivi personali’, mi sono sentita di colpo cento chili più leggera. Udire la mia voce che diceva a un estraneo quelle parole è stata un’emozione indescrivibile. La fine di un incubo, l’inizio di una nuova vita”.

Questa è la testimonianza di Paola, il modo il cui lei ha vissuto e affrontato il difficile rapporto tra la maternità e il lavoro. Per voi invece com’è stato? Anche voi avete fatto la sua scelta o vorreste ma non ne avete la possibilità? Oppure, al contrario, non volete rinunciare al vostro lavoro e fate i salti mortali pur di incastrare tutto? Raccontateci di voi!

(Fonte foto: mix97-3.com)