Il fenomeno della gravidanza durante il lavoro è complesso e delicato, per questo il legislatore ha provveduto a disciplinarlo in modo da evitare licenziamenti strumentali, dovuti quindi al solo fatto che la donna è in stato di gravidanza e quindi, per un certo periodo di tempo, “improduttiva” pur risultando nella forza lavoro. Per tutelare il fondamentale diritto alla maternità, il legislatore ha quindi reso illegittimo il licenziamento in gravidanza in alcune circostanze.
E’ illegittimo licenziare una donna perchè è incinta
Nella stragrande maggioranza dei casi licenziare una donna o un uomo per causa di matrimonio o una donna perché in stato di gravidanza è illegittimo e si ha diritto al risarcimento.
Tuttavia attenzione: vi sono alcuni casi in cui anche il licenziamento della lavoratrice in gravidanza è perfettamente legittimo, si tratta di casi particolarmente gravi o specifici quali:
- Licenziamento per giusta causa (per colpa grave del lavoratore), ad esempio per assenze ingiustificate.
- Licenziamento collettivo.
- Cessazione dell’attività aziendale o ristrutturazione, esternalizzazione e cessione del ramo d’azienda.
- Ultimazione della prestazione per la quale si era state assunte.
- Scadenza del termine, se si tratta di contratto a tempo determinato.
- Esito negativo della prova, purché motivato in modo da far comprendere che l’esito negativo della prova non è dovuto alla gravidanza della donna.
Nei casi sopracitati, quindi, è sempre impossibile impugnare il licenziamento ma se le cose si sono svolte come ha detto il datore di lavoro, il ricorso verrà respinto.
In caso di licenziamento illegittimo
Cosa fare nel caso in cui avvenga un licenziamento illegittimo, quindi al di fuori di queste ipotesi, mentre si è in stato di gravidanza? Il licenziamento illegittimo in gravidanza è nullo, e quindi bisogna saperlo far valere anche di fronte al giudice.
La prima cosa da fare è rivolgersi al Sindacato, o ad uno studio legale specializzato in diritto del lavoro, o ad un istituto di patronato. Bisogna infatti presentare la richiesta di ripristino del rapporto di lavoro e presentare anche la certificazione che attesti l’esistenza, al momento in cui è stato effettuato il licenziamento, dello stato di gravidanza (come il certificato di gravidanza).
I documenti necessari sono la copia del contratto, la lettera di licenziamento del datore di lavoro (il licenziamento verbale è nullo), la certificazione di gravidanza, l’ultima busta paga, il contratto collettivo di lavoro.
Il giudice tenterà la conciliazione fra le parti, e laddove non dovesse riuscire, provvederà secondo le norme del diritto del lavoro che garantiscono un processo più snello e rapido di quello civile classico.
Se si dovesse giungere alla constatazione che la donna è stata ingiustamente licenziata nel corso della gravidanza, il datore di lavoro è obbligato alla reintegrazionenel posto di lavoro, alla condanna del risarcimento del danno, al versamento dei contributi previdenziali ed assistenzialidecorsi durante il tempo di licenziamento.
Attenzione però alle tempistiche di impugnazione del licenziamento. Una sentenza della Cassazione stabilisce che nell’ipotesi di licenziamento della lavoratrice madre non si applica la legge che prevede l’onere di impugnare il licenziamento entro 60 giorni dalla comunicazione, tranne che si tratti di licenziamento per giusta causa.
Inoltre è di fondamentale importanza avere a portata di mano la documentazione che testimonia che la donna era in stato di gravidanza al momento in cui è stata licenziata. In caso di licenziamento per maternità non si applica l’indennità sostitutiva di 15 mensilità.