La gestosi del terzo trimestre (o tossiemia gravidica) è una sindrome che compare esclusivamente in gravidanza, generalmente nella seconda metà, e colpisce circa il 5-10% delle gestanti, specialmente se alla prima gravidanza.
La malattia coinvolge vari organi e può manifestarsi in modo diverso a seconda del livello di gravità, essa infatti provoca sintomi evidenti solamente nelle sue manifestazioni tardive e più gravi, generalmente a partire dalla ventisettesima o ventottesima settimana di gravidanza. Le forme più lievi scompaiono dopo il parto e non lasciano conseguenze, mentre le più gravi predispongono a tutta una serie di disturbi renali che possono presentarsi anche a distanza di anni.
La gestosi è caratterizzata dall’aumento della pressione sanguigna (140/90), dalla presenza di proteine (albumina) nelle urine e dalla ritenzione idrica e, se non diagnosticata precocemente, può evolvere in due stadi: quello pre-eclamptico e quello eclamptico.
Nelle fasi iniziali della malattia, i sintomi non sono facilmente riconoscibili, in quanto si limitano all’aumento di peso e ad un gonfiore generalizzato mentre, se si aggrava in pre-eclampsia, si aggiungono forti mal di testa, disturbi visivi, nausea, vomito, dolori all’addome appena sotto le costole, ulteriore aumento della pressione (al di sopra 150/100) e nella diminuzione della quantità di urine.
In casi estremi, possono verificarsi anche perdita di coscienza e attacchi convulsivi: si parla in questo caso di eclampsia che, per fortuna, si manifesta molto raramente (1 caso su 2000 parti), perché molto pericolosa sia per la mamma che per il bambino.
Nei casi peggiori, questa malattia può causare problemi ai reni, al fegato e di coagulazione del sangue nella madre mentre, per il bambino, come conseguenza di questi disturbi circolatori e renali, il rischio è un cattivo funzionamento della placenta, che potrebbe non fornirgli più il nutrimento necessario all’interno dell’utero. Le conseguenze sono quindi un possibile ritardo nell’accrescimento fetale e, a volte, anche la morte del feto.
Le cause di questa malattia sono ancora da chiarire, sicuramente è legata ad un’insufficienza placentare dovuta innanzitutto a fattori genetici e ereditari: sembra possa essere correlata ad uno spessore dei vasi sanguigni della placenta più sottile del normale, che impedisce il normale flusso di sangue e ossigeno tra madre e bambino.
In parole povere, la pre-eclampsia può essere paragonabile ad una reazione di rigetto da trapianto: il feto viene percepito come un corpo estraneo dal sistema immunitario materno, che si attiva per “espellere l’intruso”.
Come abbiamo già detto, la pre-eclampsia può colpire con maggiore probabilità le donne alla prima gravidanza ma la comparsa può dipendere anche dal partner, nel senso che se la donna ha un partner diverso per altre gravidanze, il rischio di contrarre la malattia è pari a quello della prima.
Anche la malnutrizione sembra rivestire un ruolo importante nell’insorgere della malattia, un motivo in più per seguire un regime alimentare sano ed equilibrato in gravidanza o in previsione di essa (anche se, ovviamente, alimentarsi in maniera corretta dovrebbe essere una cosa da fare sempre, a prescindere dalla gravidanza). Si raccomanda in particolare una dieta povera di sodio e ricca di calcio e magnesio.
Inoltre, sono più predisposte alla pre-eclampsia le donne affette da malattie renali, diabete, già ipertese prima della gravidanza, obese, che aspettano dei gemelli, che hanno troppo liquido amniotico nell’utero (polidramnios), con fibromi uterini, che soffrono di emicrania ricorrente, con famigliari che soffrono di ipertensione o con casi di pre-eclampsia in famiglia, le grosse fumatrici, di età inferiore ai 20 anni o superiore ai 40 e già colpite da pre-eclampsia in una gravidanza precedente (1 possibilità su 10 che la malattia si ripresenti).
Fin dalle prime avvisaglie della malattia, che si può diagnosticare sottoponendosi a regolari controlli di peso, pressione e delle urine, è importante cercare di stare a riposo il più possibile, per ridurre la pressione arteriosa e migliorare l’apporto sanguigno al feto. E’ preferibile stare sdraiate su un fianco, possibilmente il sinistro e sostenersi con dei cuscini. Se la gestosi è in stadio avanzato, sarà necessario il ricovero ospedaliero e la somministrazione di farmaci ad azione ipotensiva e del solfato di magnesio, un anticonvulsivante che riduce il rischio di un’evoluzione verso l’eclampsia. Inoltre, in queste circostanze, generalmente il parto viene anticipato di alcune settimane ed effettuato preferibilmente tramite taglio cesareo.