Cancro al seno: un ormone protegge le ovaie dalla chemio

Care mamme,

sconfiggere il cancro al seno – terribile malattia che colpisce ben 38.000 donne ogni anno in Italia – si può ma, come purtroppo sappiamo, le terapie antitumorali possono compromettere la fertilità. Secondo una recente ricerca effettuata dall’Istituto scientifico per lo studio e la cura dei tumori di Genova però, i follicoli ovarici possono essere protetti dai danni della chemio, grazie alla somministrazione di uno speciale farmaco. In questo modo, non solo verranno date alle pazienti molte più chance di evitare la menopausa precoce, che interessa ben il 50% delle donne colpite da tumore, ma anche la possibilità di preservare la propria capacità riproduttiva.

Come spiega Lucia Del Mastro, coordinatrice dello studio dell’Istituto di Genova, “il cancro della mammella colpisce sempre più giovani: sei volte su 100 hanno meno di 40 anni. Ogni anno solo in Italia sono 2.300 i casi precoci, per questo è prioritario salvaguardare la possibilità di queste donne di diventare madri”. Purtroppo, continua la Del Mastro, “il ciclo mestruale salta nel 40% di casi di donne sottoposte a chemioterapia, perché nel corso della cura i follicoli dell’ovaio vengono distrutti”.

Gli studiosi hanno dunque messo a punto una tecnica che prevede la somministrazione della triptorelina, un ormone che simula l’azione dell’ormone Lhrh, in grado di “addormentare” le ovaie e far sì che i follicoli rimangano intatti.

La sperimentazione è durata 5 anni, dal 2003 al 2008, e ha coinvolto 281 donne in 16 centri facenti parte del Gruppo Italiano Mammella (GIM), ottenendo i seguenti risultati: l’8,9% delle pazienti trattate è andato incontro a menopausa precoce rispetto al 25,9% di chi aveva ricevuto le cure standard, con una differenza assoluta del 17%.

Ciò significa che la tecnica non solo funziona, ma non interferisce negativamente sull’efficacia della chemioterapia. Inoltre, i ricercatori hanno evidenziato che bloccando le mestruazioni si bloccano anche gli effetti collaterali della chemio, ma non solo, perché sembrerebbe avere effetti benefici anche sull’osteoporosi e altri disturbi come le caldane.

Infine, come precisano gli studiosi, questa tecnica non intende escludere, ma semplicemente  affiancare la pratica di mettere da parte gli ovuli e di congelarli prima di sottoporsi a chemioterapia, per poi riutilizzarli con la fecondazione assistita. Perché, come spiega Marco Venturini, presidente Aiom e tra gli autori della ricerca, “addormentare le ovaie non preserva al 100% la fertilità ma comunque aumenta le possibilità di avere mestruazioni normali dopo le cure antitumorali. Possibilità che variano in base a diversi fattori, dal tipo di chemioterapia all’età della paziente. La somministrazione dell’analogo dell’ormone Lhrh, almeno in donne con tumore alla mammella, potrebbe diventare uno standard e essere utilizzata subito dagli oncologi per tutte le donne che vogliono ridurre il rischio di una menopausa precoce indotta dalla chemioterapia”.